Mad Men ed Emily in Paris. Cosa hanno in comune questi due show, all’apparenza distanti anni luce? Uno intellettuale e rivoluzionario, l’altro pop e sbarazzino — proprio come i loro protagonisti — sono entrambi, a modo loro, manifesto della vita di un content marketing creator. Dalla New York degli anni Sessanta alla Parigi dei giorni nostri, Don ed Emily ci mostrano come, in fondo, il content marketing non sia poi così cambiato.
Don e Emily, distanti ma vicini
Un bicchiere di whiskey da una parte. Uno smartphone di ultimissima generazione dall’altra.
A stringere fra le dita questi due oggetti di culto, simboli delle rispettive personalità, da una parte abbiamo Don Draper, il pubblicitario più accreditato della Madison Avenue degli anni Sessanta, dall’altra Emily Cooper, frizzante dirigente di marketing alle prese con feste e campagne sui social media per beni di lusso. Chi sono costoro? Per chi non li conoscesse, sono i protagonisti di due note serie televisive che raccontano (fra le altre cose) la vita professionale del content marketing manager.
Naturalmente siamo su due pianeti diversi: nella newyorkese Sterling Cooper di Mad Men la pubblicità è conquista di una neoavanguardia caratterizzata da nuovi linguaggi, propri della società di massa; mentre nella francese Savoir di Emily in Paris il marketing è una favola pop dove tutto è digitalizzato e fluttuante, vittima e carnefice (al contempo) delle tendenze social e dei gusti arbitrari dei blogger. Due epoche distanti anni luce, praticamente due mondi: quello reale, offline, della creatività disegnata a mano e della prova prodotto sulla propria pelle, per capirne il valore e immaginare di esprimerlo a parole; e quello virtuale, online, dove oggigiorno si giocano pressoché tutte le partite e, a suon di keywords, di tag, di views, si cerca di vincere le proprie scommesse.
Ci raccontano entrambi che il mondo della comunicazione, il mondo dei copywriter, dei web content creator, è un universo affascinante che mette a parole il sentimento della cultura imperante. E ci raccontano, allo stesso tempo, di quanto questo universo sia cambiato al cambiare delle epoche; di come sia stato forte e determinante, nell’ultimo decennio, l’impatto che i social network hanno avuto sul modo di fare comunicazione e sulla creazione dei contenuti.
Dalla magia dello story-telling…
Alla Sterling Cooper, i mad men passano ore chiusi nella sala riunioni in cerca di uno story-telling adatto al prodotto che vogliono sponsorizzare. Il brain storming, anima di tutte le campagne, si vive nella nebulosa di fumo e immaginazione. E se tutti amano Don Draper nonostante i suoi innumerevoli difetti, è perché lui ha la capacità di raccontare una storia meglio di qualsiasi altro e di convincere tutti quelli che lo ascoltano che loro ne sono i protagonisti.
Un esempio della connessione emotiva che questo straordinario copywriter riesce a creare tra il prodotto e il suo pubblico è quello della campagna per presentare il nuovo proiettore della Kodak — storica azienda fotografica — che ha la forma di una ruota girevole nella quale, una alla volta, scorrono le immagini in formato diapositiva.
Don utilizza vecchie fotografie della sua famiglia, decidendo di puntare sul sentimento della nostalgia e, giocando sull’aspetto di tale oggetto, ci dice: “Questo aggeggio non è una nave spaziale, è una macchina del tempo. Ti può portare avanti o indietro. Ci porta in un posto dove vogliamo tornare. Non si chiama ruota, si chiama giostra. Ci fa viaggiare nel modo in cui viaggia un bambino. Gira e rigira, e poi torna a casa. Che è il posto dove sai di essere amato”.
È così che nasce Kodak Carousel: la giostra di Kodak. Ed è così, con le parole giuste, che Don ci racconta una storia vincente.
… all’immediatezza dell’headline
Nell’universo parallelo, in un epoca distante anni luce, Emily si sforza di creare un contenuto originale che sia immediato e catchy. Un video, un post, una Instagram story che sia in grado di catturare l’attenzione del consumatore, divisa fra i mille stimoli che provengono dal sovraffollato mondo dei social e di internet.
E qual è il modo migliore per farlo se non lanciandogli una sfida?
Ecco allora che nella campagna per Champére, azienda produttrice di Champagne, Emily, con lo slogan “How do you pop your top?”, sfida gli utenti a postare un video mentre aprono la bottiglia di Champagne nel modo più originale possibile.
Una trovata leggera e spumeggiante come il prodotto al quale si riferisce, mirata al target trendy e festaiolo a cui è diretta, perfetta per aumentare i tassi di engagement e di sharing.
Oggi, in un mondo fast-paced dove tutti sono di fretta, sono sempre meno quelli che decidono di investire tempo nella lettura di un contenuto che vada oltre le due righe del copy. I content creator sono quindi costretti a pensare contenuti dall’impatto immediato, di facilissima fruizione, in grado di incuriosire e coinvolgere il consumatore nel brevissimo tempo che viene dedicato ad ogni post durante lo scrolling sui social media. L’headline e il payoff capaci di stupire, di strappare un sorriso o un moto del cuore sono il bingo cui ambiscono gli addetti ai lavori.
“La pubblicità si basa su un’unica cosa: la felicità”
Cosa ci raccontano queste due storie? Be’, che la comunicazione, come tutte le forme artistiche, è lo specchio della società e dei tempi che riflette e che, come tale, muta e si trasforma nei linguaggi, nelle manifestazioni e soprattutto nelle tecniche espressive e rappresentative, ma anche che le baselines proprie del content marketing non appaiono poi così cambiate nel tempo.
Dalla New York degli anni Sessanta alla Parigi dei giorni nostri, cambia il metodo ma non la sostanza: il content marketing si basa sull’emozione e sul coinvolgimento. In fondo, è come dice Don:
“Advertising is based on one thing: happiness. And you know what happiness is? Happiness is the smell of a new car. It’s freedom from fear. It’s a billboard on the side of the road that screams reassurance that whatever you are doing is okay. You are okay.”
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