Venerdì 1 ottobre nella splendida cornice del #FutureShots21 presso il nostro CAMPUS di Roncade ho condiviso il mio punto di vista sul perchè:
il marketing sia la strada, orientata al profitto, con cui le aziende potranno dare un contributo rilevante nella lotta al #climatechange.
Proviamo a scomporre i 3 elementi di questa affermazione andando a ritroso.
Perché le aziende
Secondo gli investitori (qui un bel report di Robeco) non vi è dubbio che le aziende debbano essere, subito dopo i Governi, responsabili e coinvolte nella lotta al climate change.
Dal mio punto di vista c’è però un tema di velocità relativa: i governi hanno sicuramente ruolo e responsabilità maggiori, ma le aziende hanno dalla loro una velocità di esecuzione che non ha certo confronto con quella delle istituzioni che ci stanno provando dal 1972.
Sono infatti passati 50 anni da quando il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston effettua uno studio sullo stato della Terra.
L’esito viene pubblicato nel libro: Rapporto sui limiti dello sviluppo dove, in estrema sintesi, si prediceva che a fronte di una crescita costante della popolazione e dell’economia, e in mancanza di strategie di tutela dell’ambiente, si sarebbe andati incontro all’“arresto e conseguente collasso” del sistema globale intorno alla metà del 21° secolo, insomma ai giorni nostri.
Libro che scosse sì la comunità, ma solo quella scientifica. Fu solo nel 1988 che dalla cooperazione tra l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), nacque il Pannello Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), che ogni sei anni analizza la produzione scientifica sull’argomento climatechange e redige una un rapporto di sintesi. Quello del 2021, il sesto, inizia con 2 statement che cancellano ogni possibile dubbio sulla responsabilità dell’uomo in quello che ormai possiamo definire “Antropocene”.
Perché il profitto
Come teorizzava Smith già nel 1700 nella teoria economica prevalente la massimizzazione del profitto viene assunta come obiettivo fondamentale dell’impresa.
Nel contesto di un mercato capitalista in cui operiamo l’imprenditore, comportandosi in modo razionale, insegue questo obiettivo.
Sarebbe quindi ingenuo ipotizzare un coinvolgimento delle aziende in assenza di un quadro normativo transnazionale che possa regolare questo modello imponendo tramite tassazioni o obblighi un comportamento diverso. Auspicabile ma non di semplice, e quindi veloce, attuazione.
Le iniziative green resterebbero “camei” legati ad operazioni di pura immagine non commisurati e relativizzati all’impatto della singola azienda.
La relativizzazione è infatti un tema centrale negli step che portano un soggetto privato ad alleggerire o, meglio, azzerare la propria impronta ecologia.
L’assessment finalizzato alla comprensione e quindi alla riduzione e/o alla compensazione delle emissioni di CO2 sta alla base della metodologia di Climatepartner che collabora con noi per rendere reali e misurabili i progetti. Il rischio di Greenwashing è concreto, su queste tematiche lo storydoing deve sostituire lo storytelling
Per questo la tracciabilità tramite QR code è un must
Perché il Marketing
Se è vero che il climatechange è un tema all’attenzione di tutti, è altrettanto vero che non è sentito solo dalla generazione Z, come si evince da alcuni estratti della ricerca Lifegate2021.
Credo che la consapevolezza espressa dalle nuove generazioni sia solo l’espressione di un’avanguardia più radicale e sentita che “incendierà” (per non usar termini pandemici) anche le altre generazioni come è successo per l’uso dei social media.
La scommessa che facciamo è proprio questa: l’interesse diventerà consapevolezza e la consapevolezza sarà poi scelta attiva nei comportamenti di acquisto.
I prodotti e servizi CO2 neutral avranno tassi di conversione più alti.
Ma è sempre vero? Se oggi guardiamo alle conversazioni su TIKTOK (definito spesso la nuova televisione ed in forte espansione su target non giovanissimi) troviamo l’argomento green al centro di molte discussioni
Questo però significa che è altrettanto vero che esiste un insieme complementare di persone che non lo considerano un tema rilevante. Sappiamo che c’è una correlazione anagrafica ma anche che solo attraverso tecniche di profiling abilitate dal precision marketing è possibile dividere le persone realmente sensibili a questo messaggio dalle altre.
Il ruolo del marketing è proprio questo, essere la leva per amplificare il profitto massimizzando il ROI delle campagne di comunicazione che promuovono prodotti CO2 neutral e quindi spingere le imprese ad investire di più in questi progetti amalgamandoli ai valori del brand in progetti di comunicazione “rilevanti” non solo per le aziende e i consumatori ma anche per il pianeta.
Anche noi come H-FARM Digital Marketing faremo la nostra parte e per questo abbiamo già iniziato il nostro percorso di assessment con ClimatePartner che poi porterà alla definizione della compensazione della società.
Obiettivo: CO2 Neutral
A CURA DI
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