Questa settimana il tema del futuro del Marketing è tornato ripetutamente nelle riflessioni e negli scambi di esperienze e idee con partner, clienti e membri del team a cui appartengo. Inevitabilmente si ragionava anche sul futuro delle agenzie di Marketing.
Provo a fare una sintesi dei vari ragionamenti fatti in queste occasioni sotto i diversi punti di vista, partendo dalle pressioni a cui sono soggette le agenzie nel presente e che riconduco a 3 fattori:
- la commoditizzazione della attività di operation, inevitabile tendenza legata all’utilizzo di soluzioni di AI (o che per brevità qui accomuneremo nella categoria logica della Artificial Intelligence) che inevitabilmente eroderà una quota delle attività
- il cambiamento degli scenari in costante accelerazione, che coinvolge in primis i clienti, ma anche le persone che sono il motore delle agenzie
- la specializzazione delle competenze che crea silos e impedisce che l’informazione (conoscenza) fluisca liberamente
Ci hanno ripetuto fino alla noia che le sfide, le crisi, le pressioni sono anche opportunità e io in questo caso concordo con il pensiero dominante. Ma se per la prima “pressione” sono già stati spesi fiumi di inchiostro (anche su questo spazio), per la seconda, ovvero il cambiamento, non avevo ancora trovato un buona misura di come il cambiamento fosse un vantaggio competitivo.
Qualche giorno fa HBR ha condiviso un splendida analisi che colma questo divario da cui emerge chiaramente il collegamento tra la capacità delle aziende di cambiare e i risultati ottenuti in termini di profitto.
“In developing our system we conducted a survey of close to 2,000 employees from 37 large global organizations representing a variety of industries. What we found is that a company’s change power is a strong predictor of its performance. Companies that appear in the top quartile of the index are more profitable, with margins twice those of companies in the bottom quartile.”
E non solo, dove si porta un valido modello di misurazione e quindi anche di miglioramento. Credo che per le agenzie ci sia una promettente traccia di come supportare i propri clienti su questa sfida, evolvendosi come naturali partner
Fonte: “How Good Is Your Company at Change?” by David Michels and Kevin Murphy, Harvard Business Review
Reagire alla terza “pressione”, la specializzazione, è uno dei pilastri fondanti dello sviluppo della nostra agenzia. Investiamo da 10 anni nella multidisciplinarietà del team e nella multipotenzialità delle persone con l’obiettivo di creare ecosistemi di conoscenza, connettere punti in chiave di customer experience. Poesia, per dirla come Buckminster Fuller, (citato in un post di Alessandro Fusacchia) in un discorso che tenne nell’aprile 1961 in occasione della sua nomina a Professor of Poetry a Harvard, davanti al comitato di studio incaricato dalla Southern Illinois University di progettare da zero una seconda grande università:
“La parola «poeta» in questa cattedra di poesia è un termine molto generale per designare una persona che «mette insieme le cose» in un’epoca di grande specializzazione nella quale la maggior parte della gente non fa che differenziare o «separare le cose».
Non posso non ricollegare questo messaggio alla disperata tendenza attuale che Alessandro Baricco definisce: l’intelligenza novecentesca ormai inadatta a gestire la realtà, o quanto meno questa realtà” che noi abbiamo definito fluida e in cambiamento. Perché…
“Primo, ama lavorare con soluzioni stabili e di scarsissima flessibilità e secondo è un’intelligenza che si fida di una particolare forma di sapere: quella specialistica”.
Ecco, in risposta alla sfida della specializzazione, ma anche alla pressione della Artificial Intelligence, credo che per i marketer ci sia grande opportunità di divenire mediatori tra opposti. Riuscire a fare sinergia tra tendenze all’apparenza opposte come la ricerca e i risultati, questa sarà la sfida comune del marketing e quindi anche delle agenzie.
Ma al contempo essere anche epicentri generatori. Valorizzare le differenze tra i punti di vista delle diverse funzioni aziendali raccordando IT, vendite, HR, comunicazione. In questo contesto le agenzie devono esprimere la loro flessibilità e multidisciplinarietà.
Fonte Immagine: Xavier von Erlach on Unsplash
Con un’enfasi molto meno accademica, qualche tempo fa, in un remoto paesino degli appennini, ho incontrato un casaro che che mi ha raccontato di come l’omologazione, ovvero la perdita della varietà, significhi perdita di intelligenza, lui parlava di formaggi e mi spiegava come il DOP e il DOC (contrariamente a quanto io abbia sempre creduto) generino omologazione e quindi appiattimento e come conseguenza estrema portino allo spopolamento delle valli in cui ogni varietà di acqua, clima, erbe porti a formaggi diversi ma uguali a se stessi. Lo ascoltavo incuriosito e non potevo non vedere forti assonanze con il mondo del marketing e delle organizzazioni.
Di organizzazioni parlerò in un altro momento, per ora voglio condividere con voi una domanda aperta: non sono sicuro se il prossimo inserimento nel nostro team sarà un poeta o un casaro, ma sono felice di aver accolto questa settimana un giovane laureato in filosofia.
Benvenuto Lorenzo!
Fonte immagine copertina: Pawan Sharma on Unsplash
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